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Movimprese: altro che crisi, spuntano 32.800 nuove imprese come funghi nel secondo trimestre

Nel secondo trimestre del 2025, l’Italia sembra improvvisamente diventare il regno dell’imprenditorialità, con un saldo netto positivo di ben 32.800 nuove imprese. A quanto pare, tra iscrizioni e cessazioni, il sistema produttivo italiano non solo non rallenta, ma batte addirittura il miglior risultato degli ultimi cinque anni nello stesso periodo. Evidentemente, tutti quei discorsi catastrofisti su crisi e stagnazione mondiale non hanno convinto i coraggiosi imprenditori di casa nostra.
L’analisi dei dati del Registro delle Imprese, curata da Unioncamere e InfoCamere, racconta di 80.205 nuove aperture tra aprile e giugno, contro “soltanto” 47.405 chiusure. Un tasso di crescita complessivo dello 0,56%, leggermente superiore allo 0,50% dello stesso trimestre del 2024, segna una ripresa sorprendente considerando il contesto economico globale. Il totale delle imprese attive in Italia arriva a quota 5.885.209, come se niente fosse.
Se eravate convinti che la crisi colpisse tutte le regioni allo stesso modo, vi sbagliate di grosso. Il Centro Italia emerge come la stella del momento con un ritmo di crescita dell’0,62%. A spiccare tra tutte è il Lazio, con un saldo di 4.679 imprese in più e una variazione positiva dello 0,79%, come se la burocrazia romana fosse improvvisamente diventata amica degli imprenditori.
Il Nord-Ovest, sempre orgoglioso e protagonista, mantiene la sua supremazia confermando un saldo positivo di 8.898 imprese. Lombardia in testa, con quasi un milione di imprese (948.382) e un aumento di 6.180 unità, brillante crescita dello 0,66%. Nel Nord-Est, invece, si registrano 5.641 nuovi ingressi, per un totale di 1.103.717 imprese, pari a un tasso di crescita dello 0,51%.
Inversione di rotta al Sud: la Puglia fa segnare un’accelerazione superiore rispetto alla media nazionale, con 2.508 imprese in più e un aumento dello 0,67%. Qualcosa si muove anche in Piemonte e Toscana, entrambe con un identico saldo positivo di 1.885 nuove aziende, alla faccia di chi pensava fossero regioni in difficoltà rispetto al 2024.
Quando le forme giuridiche raccontano la nuova preferenza degli imprenditori
Se ci si chiede quale sia il modello d’impresa preferito oggi, la risposta è chiara: le società di capitali dominano incontrastate. Nel trimestre registrano un saldo positivo di 19.985 unità, con 28.462 nuove iscrizioni contro sole 8.477 chiusure. Una crescita dell’1,03% che decostruisce l’immagine dell’impresa individuale solitaria, spingendo verso realtà più strutturate e meno “artigianali”, evidentemente più accettate dal mercato e forse anche dalla burocrazia.
Le ditte individuali, pur mantenendo il primato numerico con 2.941.345 unità, contribuiscono comunque alla crescita trimestrale con un saldo positivo di 12.771 imprese, pari a un aumento dello 0,43%. Nulla da dire, sono ancora la base del tessuto imprenditoriale italiano, ma il vento sembra soffiare verso forme societarie più complesse e meno “casalinghe”.
Ma come sempre c’è una nota stonata: le società di persone registrano un saldo negativo, perdendo 290 unità nel trimestre. Evidentemente, nel grande ballo delle imprese, questo modello tradizionale non è più il preferito dai nuovi imprenditori.
Poi abbiamo le “altre forme giuridiche”, quel grazioso e poco considerato gruppo fatto principalmente da cooperative, che riescono miracolosamente a chiudere il trimestre con un positivo saldo di 334 imprese. Ah, la gioia di crescere dello 0,19%! Davvero un giro di vite da far impallidire gli economisti.
Settori che sanno impressionare… o forse no
Entrando nel campo degli indicatori settoriali, il secondo trimestre ci regala un quadro “vivace” – parola gentile per non dire caotico – con punte interessanti nei settori a più alto valore aggiunto e nei servizi rivolti a persone e aziende. Le costruzioni, fedeli al cliché italiano, fanno la parte del leone con un saldo positivo di 5.448 nuove imprese. Sicuramente tanta voglia di ristrutturare, forse perché quello che crolla non manca mai.
Appena dietro, troviamo i servizi di alloggio e ristorazione che crescono di 4.595 unità, perfetti per un Paese che non chiude mai le porte a turisti e clienti affamati. E poi le attività professionali, scientifiche e tecniche, con un aumento di 3.368 imprese e una variazione dello stock dell’1,31%. Una vera sorpresa, visto che “professione” e “scientificità” spesso stanno sulle spine per trovare fondi.
Come ciliegina sulla torta, spiccano crescite a dir poco sorprendenti nelle attività finanziarie e assicurative (+1,62%, ovvero 2.298 nuove imprese), nella fornitura di energia elettrica, gas e aria condizionata (+1,55%, con 225 nuove aziende) e nel settore dell’istruzione privata (+1,45%, con 528 nuove unità). Perché ovviamente, in un sistema dove il pubblico langue, l’istruzione privata è sempre pronta a far soldi con la speranza degli studenti e dei loro genitori.