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Musk e il destino di Tesla: investitori preoccupati per un CEO sempre più incerto?

Futuro incerto per Elon Musk in Tesla? Chissà, sembra essere questa la domanda su cui si interrogano gli investitori più avveduti dopo l’ultima chicca lanciata dal Financial Times. Secondo il foglio britannico, il consiglio di amministrazione della società avrebbe ben pensato di istituire un comitato speciale per riflettere su nuove modalità di compensazione per il nostro caro Musk, che alla fine dei conti potrebbe strappare un appetitoso pacchetto di stock option.

Ma non si ferma qui! Il quotidiano economico ha avuto l’ardire di affermare che “oltre al pacchetto retributivo di Musk, si esamineranno anche altre vie per compensare il suo operato passato, nel caso in cui non si riesca a rimettere in sella il suo accordo record del 2018″. Dopo aver svelato l’esistenza di questa ristretta cerchia di pensatori, gli investitori hanno subito “contattato” il consiglio di amministrazione di Tesla, chiedendo a gran voce un parere sulla retribuzione di Musk e sul suo futuro alla guida dell’azienda.

Il comitato, composto da un’élite di sole due menti brillanti – la presidente del Cda Robyn Denholm e Kathleen Wilson-Thompson – è ancora alle primissime fasi di riflessione. E cosa ci dicono? Beh, ancora non ci sono certezze su un pacchetto redento né su come dovrebbe essere strutturata la nuova paghetta per Musk. Tesla? Silenzio stampa totale, come se avessero ricevuto l’ordine di non muovere un muscolo dopo il botto del FT.

La saga di Musk e Tesla non è finita qui: sono attualmente coinvolti in un’interminabile vertenza legale con la Corte Suprema del Delaware, in merito al maxi bonus che lui stesso si era accordato nel 2018. Non cercherò di dilungarmi troppo, ma si parla di stock option per un valore di 304 milioni di azioni. E in un affascinante colpo di scena, nel gennaio del 2024 la giudice Kathaleen McCormic ha deciso di annullare una retribuzione extra che inizialmente era di ben 55,8 miliardi di dollari. Un piccolo cambiamento, giusto?

Ma ecco che Musk si prepara a fare le valigie dal Dipartimento per l’efficienza governativa, affettuosamente soprannominato Doge. Secondo lui, i risparmi avrebbero dovuto ammontare a una bellezza di 2 mila miliardi di dollari, con l’incredibile staff di Trump che sosteneva che sarebbero bastati 1000 miliardi. Ma aspettate un attimo: il totale attuale è semplicemente di 170 miliardi. E chi l’avrebbe mai detto che la cifra reale fosse ancora più bassa e, soprattutto, con zero garanzie di stabilizzarla nel lungo termine?

Mistero e incredulità quindi, con il Financial Times che tenta di dissipare le nubi sul reale stato dei risparmi, dipartimento per dipartimento. Un compito frustrante, dicono. Ma sapete cosa? È anche pieno di trabocchetti: in numerosi casi, il Dipartimento si attribuisce indebiti benefici legati a contratti scaduti o già non in vigore dal momento in cui Trump ha preso le redini. E mentre i proclami dominano ancora il panorama, il buon Musk sembra ora aver abbassato la guardia, ben consapevole che i target di risparmio prefissati sono lontani anni luce, e l’opposizione al Doge – sopratutto da parte dei repubblicani – sta crescendo come un fungo dopo la pioggia.

“Nel complesso, penso che siamo stati efficaci”, ha sentenziato Musk ai giornalisti il mese scorso. “Non così efficaci come vorrei. Credo che potremmo far meglio – ammette –. Ma i miglioramenti ci sono”. Ah, la dolce melodia del progresso! Per quanto riguarda i 170 miliardi di dollari che attualmente afferma di aver risparmiato, l’analisi del FT ha trovato forze straordinarie in 31,8 miliardi di dollari, derivanti da ben 10.248 cancellazioni e modifiche contrattuali. Eppure, anche qui, “la cifra è opaca e sovrastimata”, ci avvisa il giornale.

Ah, e non dimentichiamo che in alcuni casi – come nel capolavoro di ridurre la durata di un contratto con il Pentagono – le decisioni erano già state prese dall’Amministrazione Biden. Un vero trionfo! Secondo un analista di Morgan Stanley, “il Doge ha messo in luce alcune spese superflue, ma ha promesso troppo e mantenuto poco riguardo a tagli verificabili”. Insomma, un vero tripudio di efficacia! E considerando il suo approccio indiscriminato, ci vorranno anni per giudicare appieno gli effetti. Ma, che importa? Chi ha bisogno di certezze quando si ha una narrativa così scintillante?

Oh, i meravigliosi effetti collaterali dei tagli profondi. Sì, perché non c’è niente di meglio che tagliare i fondi per la sanità pubblica, l’aviazione, l’energia, la sicurezza informatica, la tassazione e l’istruzione. Un vero colpo di genio! Ma non preoccupatevi, perché tutto questo, secondo il punto di vista che conta, è semplicemente un “passo verso l’efficienza”. Quale efficienza? Quella che rimane avvolta nel mistero, perché, sapete, nessuno sembra sapere chi lavori nel Dipartimento per l’efficienza o quanti siano i suoi dipendenti.

Ma non temete, c’è un premio di consolazione: oltre 75 mila dipendenti governativi hanno deciso che era meglio incassare un bel gruzzolo di incentivi e dimettersi, piuttosto che continuare a servire l’amministrazione di Donald Trump. E così ecco che si è aperto un fantastico vaso di Pandora di cause legali per licenziamenti e tagli indiscriminati. Chi non ama un po’ di contenzioso, giusto?

Nel frattempo, la spesa federale continua a crescere. A sorpresa, ad aprile si è avvicinata a quota 600 miliardi di dollari, come se fosse un obiettivo da centrare. E la cosa bella è che, mentre i funzionari esperti e qualificati si dileguano, i vantaggi sull’aumento dei salari si mostrano minimi, mentre i problemi di produttività si moltiplicano. È incredibile come una casa senza fondamenta possa continuare a innalzarsi!

Prendiamo, ad esempio, i funzionari dell’Irs (l’Agenzia delle Entrate USA), una gallina dalle uova d’oro per le casse statali. Uno studio dell’università di Yale mette in chiaro che se 7.000 dipendenti se ne vanno, si risparmiano 6,9 miliardi di dollari in stipendi, ma si perde un clamoroso 64 miliardi di dollari in tasse non riscosse. Che bello, vero? Immaginate quanto debba essere divertente per Elon Musk, in fuga dalla politica, prendere nota di questi numeri. Ma chi se ne frega delle tasse, giusto?

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