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Patronato Inca Cgil vola a Bruxelles per l’ennesima lezione su mobilità internazionale e diritti sociali che non cambieranno nulla

Patronato Inca Cgil vola a Bruxelles per l’ennesima lezione su mobilità internazionale e diritti sociali che non cambieranno nulla
Si è tenuto oggi a Bruxelles l’evento “Tutele senza confini” per celebrare 80 anni di diritti in movimento, organizzato dall’Inca Cgil nell’ambito delle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario del Patronato. Di cosa si è parlato? Ovviamente di mobilità internazionale e delle immancabili sfide per garantire i diritti sociali e del lavoro a chi osa mettere il naso al di là dei confini nazionali. Il tutto condito dalla solita presenza di rappresentanti delle istituzioni europee, esperti della ricerca e sindacalisti, a suscitare dibattito e applausi.

Bruxelles ha fatto da teatro al convegno, aperto dall’introduzione di Michele Pagliaro, presidente dell’Inca Cgil. L’evento è stato condotto da Angela Mauro, corrispondente da Bruxelles per un noto quotidiano italiano, con la partecipazione dell’europarlamentare Camilla Laureti (S&D), di Pasquale Tridico (The Left), della ricercatrice Delfina Licata dalla Fondazione Migrantes, del ricercatore Alessandro Mazzola dell’Università di Liegi e di Francesco Sinopoli, presidente della Fondazione Di Vittorio.

Ovviamente, non poteva mancare l’intervento della segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati, Esther Lynch, e le conclusioni del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Nulla di scontato in un dibattito così all’altezza, vero?

Michele Pagliaro ha voluto ricordare con struggente realismo che l’Inca è oggi un presidio indispensabile di tutela, quasi un eroe solitario: «Siamo e dobbiamo continuare a essere un baluardo in un mondo che cambia, tra disuguaglianze in crescita e mobilità sempre più diffusa. La gente si muove, per scelta o per necessità, ma – sorpresa! – i diritti non sono uguali per tutti e ovunque. Il nostro compito è costruire un modello in cui i diritti siano effettivi e garantiti dappertutto. Sarà una vera impresa, e occorre mettere insieme studiosi, politica e istituzioni, magari usando con accortezza i fondi europei. Se non ora, quando?»

Francesco Sinopoli ci ha deliziato con la sua analisi sul fatto che le migrazioni sono come quei fenomeni inesorabili che la retorica delle “fortezze” tenta di fermare inutilmente: «Gli spostamenti umani sono antichi come l’umanità stessa e legati indissolubilmente alle condizioni di lavoro spesso degradanti, amplificate dalla dimensione migratoria. Questi aspetti sono al centro del pensiero e dell’azione sindacale, soprattutto grazie all’incredibile lavoro del Patronato, che da anni sostiene chi ha scelto o si è trovato costretto a emigrare. Una visione illuminata quella di Giuseppe Di Vittorio, che dopo 80 anni resta più attuale che mai.»

Il fiero segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha poi preso la parola per aggiungere la sua solita dose di realismo e speranza, perché si sa, nella politica e nel sindacato bisogna saper bilanciare il pianto e il sorriso. Ma su come, quando e se cambieranno davvero le cose, beh, quello è un altro discorso ancora.

Nel magico mondo della libera circolazione dei capitali – dove tutti possono far girare soldi come fossero biglie, mentre le persone diventano sempre più un fastidio da bloccare dietro barriere burocratiche – il segretario generale della CGIL ha avuto una di quelle epifanie degne di nota: è tempo di rimettere al centro dell’agenda politica e sociale le lavoratrici, i lavoratori, le cittadine e i cittadini. Specialmente le nuove generazioni, che, guarda un po’, sembrano essere un po’ trascurate.

La missione? Semplice: un lavoro dignitoso, quel concetto ormai mitologico che lascia perdere il precariato selvaggio e permette a tutti di realizzarsi, mettere in mostra i propri talenti – ipotetici o meno – e la propria intelligenza, se mai ne rimane un po’ in circolazione. Come lo si ottiene? Promuovendo un sistema di diritti sociali europeo che, sorpresa, non sia guidato dal sacro principio del profitto e del mercato. No, invece deve mettere al centro le persone, la giustizia sociale – ovviamente perché senza quella non si vive – e la sostenibilità ambientale, quegli abbellimenti green che fanno tanto effetto nei discorsi.

L’incontro descritto? Beh, un momento di “confronto utile e concreto” su uno dei temi più urgenti – e immutabili – per il futuro del lavoro e dei diritti sociali in Europa. Per chi non sapesse, l’Inca è nata nel lontano 1945 e si è subito messa in moto, iniziando la sua attività all’estero già nel 1946. La prima tappa? Lussemburgo, seguita a ruota dal Belgio, dove hanno fatto amicizia anche clandestinamente, come buona vecchia tradizione clandestina da manuale sindacale.

Un fishio nostalgico da manuale arriva dal 1956, quando proprio in Belgio, più precisamente a Marcinelle, l’Inca è intervenuta per assistere le famiglie delle vittime del celeberrimo disastro nella miniera di Bois du Cazier. Emozionante, vero? Negli anni, questo patronato si è dimostrato quasi onnipresente, accompagnando le comunità italiane – e quelle presenti all’estero – in ogni sorta di emergenza: dall’alluvione del Polesine, al disastro del Vajont, dal terremoto del Belice all’inevitabile menzione del Covid-19. Sempre pronto a reinventarsi, si è adattato ai cambiamenti sociali, economici e migratori come un camaleonte del welfare.

Dal glorioso decennio degli anni ‘90, quando l’Italia ha finalmente scoperto di essere anche un Paese di immigrazione e non solo di emigrazione, l’Inca ha allargato i suoi orizzonti aprendo sedi in quei paesi di origine dei migranti per assicurare che la tutela non si interrompesse magicamente una volta tornati a casa. Oggi, la creatura della solidarietà opera in ben 26 paesi su 4 continenti, contando oltre 100 sedi operative e 300 punti tra uffici, permanenze e corrispondenze. Un esercito di operatori, esperti, medici legali, avvocati e volontari – perché senza il volontariato anonimo e instancabile tutto si fermerebbe – lavora ogni santo giorno per garantire accesso ai diritti, sostegno concreto e accompagnamento nel dedalo delle istituzioni.

Ogni anno, questo gigante della burocrazia umanitaria offre supporto a migliaia di persone residenti all’estero su questioni caldissime come pensioni, prestazioni sociali e diritti individuali. Insomma, contribuisce a rendere davvero effettiva quella protezione sociale che, diciamocelo, si spera sempre non resti appesa a qualche improbabile percorso migratorio o di mobilità. Ma in un mondo dove le incertezze abbondano, ecco un’istituzione che almeno prova a tenere insieme i pezzi di questo caos.

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