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Pensioni Inps 2025, il bonus ritardo: chi ci guadagna davvero e chi resta a bocca asciutta

L’Inps ha finalmente chiarito le novità sul bonus destinato a chi sceglie di posticipare la pensione, grazie a una circolare che svela i dettagli della nuova disciplina prevista dalla legge di bilancio 2025. Non è più solo un tentativo per trattenere fino all’ultimo i lavoratori prossimi alla pensione flessibile, ma si apre anche a chi raggiunge il diritto alla pensione anticipata tradizionale. Insomma, chi vuole rimandare l’uscita dal lavoro può farlo e, in più, ricevere un incentivo economico.
In pratica, i lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (Ago) o a forme sostitutive ed esclusive, che entro il 31 dicembre 2025 maturano il diritto a pensione anticipata flessibile o anticipata, possono decidere di continuare a lavorare senza accumulare automaticamente i contributi previdenziali a loro carico sull’assicurazione generale per invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs). Un’opzione che letta così sembra il modo perfetto per guadagnare senza pagare il prezzo di un’abbandono anticipato del lavoro.
E cosa ottiene chi decide di giocare questa carta? La risposta è nel portafoglio: la quota dei contributi Ivs che normalmente sarebbe a carico del lavoratore non solo non verrà conteggiata per la futura pensione, ma verrà corrisposta in busta paga come una sorta di bonus netto, non tassabile. Ovviamente, il datore di lavoro non viene esonerato dal versamento della sua quota di contributi, perché altrimenti sarebbe un regalo a metà.
Gabriele Fava, presidente dell’Inps, si sbilancia in ottimismo e ricorda che mantenere i lavoratori più anziani attivi non deve essere visto come un incidente di percorso per le prospettive lavorative dei giovani. Anzi, modello dichiarazione di buona volontà: “Serve un cambio di mentalità che favorisca l’inizio di un dialogo proficuo tra generazioni diverse”, obiettivo che potrebbe essere raggiunto anche grazie a strumenti di flessibilità che strizzano l’occhio a tutti.
In definitiva, ecco l’incentivo che spinge a dimenticare la meritata uscita e a rimandare l’addio al lavoro, tutto a costo zero per l’impresa (sempre fedele al capitalismo italiano: il conto lo paga chi lavora) e con il miraggio di un piccolo guadagno in busta paga. Una misura così lucida e generosa che non può non far riflettere sulla bontà di un sistema pensionistico che, a forza di rincorrere il “prima non si può, dopo si deve”, riesce sempre a trasformare i diritti in indecisioni e i sogni di riposo in prolungamenti dell’aldilà lavorativo.