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Pensioni, nuovo allarme esodati: altri 44mila in arrivo ecco quando

Ecco la cruda realtà: migliaia di lavoratori si trovano sull’orlo di un precipizio economico a partire dal 2027. È più di una semplice disastrosa previsione; è un urlo disperato dalla Cgil che denuncia l’inefficienza e l’indifferenza di chi governa. Mentre il mondo avanza, noi rischiamo di essere la generazione di nuovi esodati, una categoria che, a quanto pare, si rimpolpa sempre più nel silenzio assordante delle istituzioni.
Parliamo di oltre 44.000 persone che, in buona fede, hanno accettato di uscire anticipatamente dal lavoro, mettendo la loro fiducia in misure che ora si riveleranno solo inganni. L’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla speranza di vita? Un fallimento totale. Dal 1 gennaio 2027, potrebbero trovarsi totalmente privi di reddito e di contribuzione. Davvero è così che si onora il lavoro e il sudore versato?
L’inefficienza governativa colpisce duro
Come se non bastasse, le parole del responsabile delle politiche previdenziali, Ezio Cigna, rinfocolano il dramma: immaginiamo 19.200 lavoratori in isopensione e 4.000 con contratti di espansione, abbandonati a un vuoto di tre mesi, senza un centesimo, senza alcuna protezione. E pensare che hanno rispettato ogni regola, firmato contratti, e ora si ritrovano traditi da un sistema marcio. A questi si aggiungono ulteriori 21.000 lavoratori che hanno dovuto ricorrere ai Fondi di solidarietà bilaterali. Dove si troveranno, con un sistema previdenziale che sprofonda sempre di più nel caos?
Il futuro è grigio, anzi, nero
Ma il dramma non termina qui. Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, mette il dito nella piaga e ricorda che senza interventi correttivi, dal 2027 i requisiti per la pensione anticipata cresceranno all’inverosimile: 43 anni e 1 mese di contributi. Le donne? Peggio ancora con 42 anni e 1 mese. È una vera e propria condanna a vita di lavoro per le nuove generazioni, destinate a patire tenendo sempre lo sguardo fisso su un traguardo che si allontana. Altre norme tossiche aggravano la situazione, schiacciando i giovani sotto il peso della disperazione.
Pensioni da fame: una vergogna nazionale
Dai dati forniti dall’Inps, il quadro è allarmante: il 53,5% delle pensioni è sotto i 750 euro, una realtà inaccettabile che colpisce specialmente le donne con un pazzesco 64,1%. E, udite udite, ben il 43,1% delle pensioni ha bisogno di integrazioni al reddito per sopravvivere. È questo ciò cui ci ha ridotti un governo che prometteva di superare la Legge Fornero? Ha solo peggiorato la situazione! La flessibilità in uscita? È un gigantesco topo di fogna adesso. Siamo diventati un paese che ignora le necessità dei suoi cittadini.
Il futuro? Un sogno infranto
È urgente che si faccia qualcosa di concreto, perché le promesse vuote non sfamano né riparano. È chiaro che servono riforme vere, che permettano di garantire pensioni dignitose per chi ha lavorato, soprattutto per donne e giovani. Le loro carriere, spezzettate e sottopagate, meritano attenzione e rispetto. Le parole di Ghiglione risuonano forti: “Servono certezze per chi lavora oggi e chi lavorerà domani”. Ma sentiamo il ronzio dell’indifferenza, come un maleficio che ci tiene avvelenati.
Riforme che non arrivano, perdite che si accumulano
Immaginate se altri paesi avessero reagito come noi: avremmo già assistito a misure incisive, politiche sostenibili invece di sforzi minimi che gettano fumo negli occhi. Quello che abbiamo è un sistema che si regge su promesse mai mantenute. Gli appelli ai referendum della Cgil si perdono nel vento, mentre la gente continua a soffrire nel silenzio. I 5 referendum del 8 e 9 giugno? Solo una farsa in una commedia tragica.
Possibili soluzioni? Una seria riforma pensionistica che faccia leva sul diritto al lavoro e sulle garanzie sociali, ma chi è disposto a farlo realmente? Questo non è solo un grido di aiuto, ma un invito a riflettere su quanto valga lo sfruttamento dei tanti, dei più vulnerabili. È ora di svegliarsi dal torpore e affrontare la verità: senza un vero cambiamento, non c’è futuro, solo la continua tristezza di un presente che schiaccia.