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Quando gli inglesi si lanciano in cacio e pepe e ci riescono proprio male: il manuale italiano della BBC fallito in diretta

La celebre ricetta romana degli spaghetti cacio e pepe è finita nelle grinfie di una svista internazionale degna di nota: la Bbc, celebre media britannico, ha pubblicato sul suo sito una versione del piatto che più lontana dall’originale non si potrebbe. Non contenti di arricchire le tradizioni italiane con un tocco di confusione, hanno infilato ingredienti che a Roma sarebbero considerati veri e propri sacrilegi culinari.
A scovare l’errore – questo sì, da manuale della cucina romana – è stato Claudio Pica, presidente di Fipet Confesercenti di Roma e Lazio, che con piglio deciso e senza peli sulla lingua ha riferito: la ricetta autentica esclude burro e parmigiano. Non un’aggiunta, ma una vera e propria bestemmia gastronomica per gli abitanti della Capitale.
Pica ha puntualizzato che gli ingredienti sono tre, e non quattro come impropriamente indicato: pasta, pepe e pecorino. Senza fronzoli, senza possibilità di compromessi da reality show culinario. A suo dire, dopo aver avviato una campagna per candidare la cucina italiana a patrimonio dell’Unesco, sarebbe il minimo che la storia almeno venisse rispettata. Ah, le ironie di chi sostiene l’autenticità mentre la cala a pezzi nel calderone turistico globale.
La pronta segnalazione non è passata inosservata e – quasi per magia digitale – il sito della Bbc ha corretto in tempi record, eliminando gli ingredienti incriminati e tornando alla versione canonica con pepe nero, pecorino e spaghetti. Ma mica troppo tardi per suscitare qualche battuta isterica sul rischio che “l’italian sounding” non risparmi neanche i piatti simbolo della tradizione.
Pica non nega che qualche “interpretazione personale” da parte di chef creativi ci possa stare, evoluzioni e sperimentazioni artistiche, ma precisa con la severità di un professore di latino: quella che la Bbc ha presentato come ricetta ufficiale non è improvvisazione, è ignoranza mascherata da errore tecnico.
Il presidente di Fipet Confesercenti non si ferma qui: la cucina romana, orgoglio agroalimentare italiano, merita di più rispetto a una semplice rettifica su internet. Per questo ha chiesto ufficialmente la revisione, con un occhio vigile dell’ambasciata britannica a Roma. Una mossa che più che difendere l’onore sembra intimare: “Guardate, qui non si scherza con la tradizione”.
A suo avviso, servirebbe una certificazione di qualità per i locali che si vogliono fregiare di servire la vera ricetta. Un’idea tanto ovvia quanto rivoluzionaria: salvare e valorizzare i piatti tradizionali della Capitale e le materie prime che li compongono, oltre agli chef che li onorano, attraverso percorsi formativi supportati da istituzioni locali, dalla Regione Lazio, al ministero dell’Agricoltura, fino agli istituti alberghieri.
Insomma, non basta più il “fatto in casa” o la mano esperta; la vera sfida è evitare che la tradizione cada vittima del pressapochismo a livello globale. La lezione? La prossima volta che qualcuno insegue la fama internazionale di un piatto, sarebbe meglio farsi due domande prima di spargere confusione su ricette amate e rispettate da secoli.