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Quando il sole si tuffa: l’energia solare che fa snorkeling sott’acqua

Quando il sole si tuffa: l’energia solare che fa snorkeling sott’acqua
L’energia solare si fa strada anche in fondo al mare con le celle a perovskite

Nessuno se lo aspettava, eppure l’energia solare potrebbe finalmente invadere un ambiente fino a ieri ritenuto inospitale: il fondo del mare. Una recente ricerca pubblicata su Energy & Environmental Materials ha dimostrato che le celle solari a perovskite non solo funzionano bene sott’acqua, ma addirittura migliorano le loro prestazioni immersi in acqua salata. Un passo avanti entusiasmante che deriva dalla sinergia tra il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’università di Roma Tor Vergata e la società BeDimensional Spa, specializzata in materiali bidimensionali.

Ovviamente, non ci colleghiamo qui a qualche sconfinata profondità abissale ma a circa 50 metri sotto il livello del mare, dove ormai sopravvive solo la luce blu-verde. E guarda un po’, le celeberrime celle solari a perovskite, famose per la loro efficienza e incredibile adattabilità, sembrano perfette proprio per catturare quella luce residua. Il protagonista dello studio, un materiale composto da FAPbBr₃, ha dato risultati che superano ogni aspettativa: lasciate immersa nei primi centimetri d’acqua, la cella produce più energia che se fosse all’aria aperta. Un risultato che – chissà – potrebbe far impallidire tutti i pannelli solari montati sui tetti del mondo.

Jessica Barichello, ricercatrice del Cnr-Ism e coordinatrice della ricerca, spiega con la dovuta ironia: «È l’effetto combinato di ottiche acquatiche e di quella che si potrebbe definire una leggera azione refrigerante che consente alla cella di lavorare meglio. E quando diciamo acqua, intendiamo anche acqua salata. Dopo ben dieci giorni di immersione, grazie a un incapsulamento super tecnologico realizzato con un adesivo polimerico idrofobico firmato BeDimensional, il rilascio di piombo dalle celle è stato tanto esiguo da rispettare i limiti previsti per l’acqua potabile. Sorpresi? Neanche tanto.»

Da parte sua, Fabio Matteocci, professore associato all’università di Roma Tor Vergata, ha commentato l’innovativo esperimento con una punta di soddisfazione: «Per noi è un viaggio nuovo, dato che la nostra esperienza principale è nello sviluppo di pannelli solari semitrasparenti per facciate di edifici, utilizzando metodi industriali facilmente scalabili. Ora, grazie alla collaborazione con il Cnr-Ism e BeDimensional e alle tecnologie del nostro laboratorio Chose, abbiamo validato un procedimento efficace per l’utilizzo delle perovskiti in ambienti sommersi. Insomma, un salto dalle altezze del palazzo al profondo blu.»

Facile trovare pannelli solari in facciate, serre o addirittura nello spazio, ma l’ambiente marino rimane ancora una terra di nessuno per questa tecnologia. Barichello conclude con una punta di provocazione: «Non è che i nostri dispositivi siano solo resistenti all’umidità, ma potrebbero rivoluzionare l’uso sostenibile degli spazi subacquei, sempre più richiesti per l’agricoltura marina, la maturazione del vino in fondo al mare e altre trovate tecnologiche che sembrano prese da un romanzo di fantascienza.»

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