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Quando il terrore nucleare trasforma i bunker in ultima moda per chi ha soldi da buttare

Se pensavate che il bunker fosse roba da film distopico, preparatevi a ricredervi: in Italia il business delle “fortezze antiapocalisse” è esploso con una crescita da capogiro, tanto che i prezzi si sono impennati passando da piccoli rifugi da poche decine di migliaia di euro a progetti da veri miliardari, e la richiesta arriva soprattutto dal nord-ovest, curioso cambio di guardia rispetto al passato.
Non è un’esagerazione: questi rifugi sono progettati per resistere a un’esplosione equivalente a un megatone, cioè a otto bombe di Hiroshima gettate a soli due chilometri di distanza. Prima della pandemia, si costruivano un paio di bunker all’anno. Ora, fanno quasi trenta. Se i vostri soldi non sono sprecati, minimo trenta mila euro per un rifugio chiavi in mano inserito nel progetto di casa, ma se entrate nel terreno del rischio e dell’improvvisazione, scalate subito la china verso ottantamila euro, senza contare che il conto può solo lievitare. Bentornati nel business dei bunker, un settore che dal 2022 ha visto un’esplosione – l’ennesima ironia del caso – di richieste moltiplicatesi per trenta volte in tempi record.
L’azienda mantovana Minus Energie è un’icona di questo fenomeno. Specializzata in impianti termici e trattamento aria, il loro ramo “rifugi antiatomici” non è mai stato un pilastro aziendale, ma un curioso hobby esploso con la guerra russo-ucraina. Il titolare, Giulio Cavicchioli, racconta di come fino a qualche anno fa li guardassero come se fossero ragazzini con strani sogni, fino a una valanga di 700 richieste nel giro di due settimane appena scattata la tensione bellica. Tra i “fan” ci sono persino testate autorevolissime dall’altra parte del globo. Ovviamente, un’attenzione non richiesta, ma mostrata con orgoglio.
Che sorpresa: anche in Italia il tema è caldo e non per una novità assoluta. Dal 1963, l’azienda che rappresentano, Andair Ch, ha costruito più di 35.000 rifugi in tutto il mondo. La regina dei bunker è la Svizzera, dove sono obbligatori e ne contano oltre 315.000. Li volete abitabili? Allora il progetto deve prevedere la presenza di un rifugio, altrimenti scordatevi il permesso. Un’ordinanza che molto spiega su come certe legislazioni (e qualche saggio timore) preparino il terreno.
Minus Energie in realtà non costruisce i bunker di tasca propria, ma fornisce il cuore tecnologico: impianti di filtraggio e ventilazione, assistenza progettuale in 3D, supporto a architetti e ingegneri. Qualcosa che pare quasi fantascienza rispetto ai bunker anni ’60, con una dose di precisione e lusso da salotto dei paranoici. I costi? Il solito leitmotiv: “Dipende da dove si parte”. Se il rifugio è nel progetto originale, per una famiglia già si parte da 30-40 mila euro. Ma se dovete iniziare da zero, scavare, aprire cantieri, chiedere permessi, beh, mettete in conto almeno 80 mila euro. E ancora, non mettete limiti al vostro portafogli se volete qualcosa di veramente top.
Curiosa anche la geografia delle richieste. Qualche anno fa era il Sud Italia il centro delle preoccupazioni bunkeristiche, ora la domanda proviene soprattutto dal Piemonte e dalla Lombardia, forse grazie alla vicinanza scomoda con le centrali nucleari francesi. Il cambiamento non è solo territoriale: i nuovi clienti mostrano una preparazione incredibile, in grado di discutere di ventilazione a sovrapressione, serbatoi d’acqua in cemento armato e scorte alimentari da stoccare come se fossero ingegneri o ex militari in pensione.
Insomma, il bunker è diventato la nuova moda. Un antidoto costoso contro una paura globale che, almeno per ora, ha trasformato la paranoia in affari d’oro. E voi siete pronti a scavare la vostra grotta anti-apocalisse o preferite restare a guardare, magari con una bella tazza di caffè, le richieste che salgono dal nord?
Spazio chiuso, che emozione! I pasti? Liofilizzati, sottovuoto, sterilizzati, roba che farebbe invidia a un laboratorio farmaceutico. Alcuni necessitano addirittura di un quarto di litro d’acqua per la reidratazione, così, tanto per mantenere il mito della sopravvivenza “gourmet”. La scadenza? Oh, una miseria: venticinque anni di validità, come se si potesse prevedere la durata esatta di un’apocalisse. Dormire, respirare, mangiare, bere e mantenere l’igiene sono le cinque grandi sfide a cui questi bunker devono rispondere, giusto per non dimenticare che siamo tutti umani anche sottoterra.
Ma non è finita qui. Perché, si sa, la gente adesso vuole un po’ di lusso nel rifugio. “Una sala cinema interna, un rifugio a forma di uovo, ingressi sotterranei degni di un film di spionaggio”. Giulio Cavicchioli, il manager del settore, riporta che richeste così fantasiose ormai non li fanno più alzare un sopracciglio. Tre mesi medi per realizzare tutto ciò, a patto che la burocrazia locale non decida di trasformare un processo semplice in una maratona di scartoffie inutili. Che sorpresa!
Ma ahimè, ancora regna l’ignoranza cosmica sulla natura reale di un rifugio. C’è chi pensa che basti una stanza sigillata o una camera antigas, roba facile come bere un bicchiere d’acqua. Ma resistere a una detonazione da un megatone (per i profani, l’equivalente di otto bombe di Hiroshima, mica bruscolini) è un’altra faccenda.
Nemmeno la cantina sotto casa, così comoda per le vecchie bottiglie di vino, né tantomeno i muri di un’abitazione normale possono garantire quella sicurezza. E qui Cavicchioli si fa serio (ma mica troppo): “Io ce l’ho un bunker, piccolo eh, sette metri quadrati. Ma lo ammetto, nulla di hollywoodiano”. Poi con quella sottile ironia che non guasta mai aggiunge: “Ma sapete cosa sarebbe davvero intelligente imporre in Italia? Una scorta alimentare obbligatoria”.
Ricorda quel magico momento, domenica dopo la chiamata drammatica della pandemia, quando i supermercati sono stati svuotati – e non parliamo di offerte del Black Friday, ma di vera e propria psicosi collettiva. Gli scaffali vuoti come in un film dell’orrore. Quel quadro, quello sì, è indelebile nella sua memoria.