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Rebuild 2025, un nuovo inizio per il mercato immobiliare o solo l’ennesimo fumoso piano?

Con oltre 80 relatori, 16 conferenze e 4 workshop, l’undicesima edizione di Rebuild a Riva del Garda si è chiusa, lasciando dietro di sé un’impressione indelebile comportante il solito teatro dell’innovazione sostenibile nell’ambiente costruito. L’evento, organizzato da Riva del Garda Fierecongressi, ha visto la partecipazione di 30 aziende partner, 4 startup, 13 enti patrocinatori nazionali e 8 territoriali, 17 media partner, e 4 partner scientifici. Ma, naturalmente, chi si preoccupa dei numeri quando ci sono “oltre 600 partecipanti” a fare da contorno? Questo sembra essere il vero trionfo.
Ma non finisce qui! Si pensa bene di annunciare i punti chiave per il primo ‘Manifesto per il futuro delle costruzioni’, frutto di “uno sforzo di intelligenza collettiva”, perché evidentemente, l’intelligenza individuale non basta mai. Un evento che, come sempre, si sottolinea essere “speciale”, altro che eventi normali! Qui abbiamo un’evoluzione continua del layout, del programma, degli spazi e, ovviamente, del grande obiettivo: elaborare una guida per l’evoluzione del Real Estate italiano. E naturalmente, questo manifesto non sarà condiviso con qualcuno di meno rilevante; ci si deve confrontare con “tutti gli attori delle filiere, gli stakeholder e i policy maker”. Perché, perché mai ci si dovrebbe limitare a pochi?
Per rendere la comunicazione più palese, la prima giornata ha lanciato un’analisi delle sfide e opportunità legate a driver del cambiamento quali ESG, costruzioni, materiali, energia e digitale. Ecco che i convegni e workshop iniziano a sviscerare temi chiave: dall’affordability abitativa alla digitalizzazione, passando per l’equità urbana in relazione alla sostenibilità ambientale. Insomma, materiali bio-based e nuove frontiere energetiche, come idrogeno e nucleare, sono state “affrontate” per la loro integrazione. Mica roba da poco, direi.
Particolare attenzione? Certo! I Distretti a Energia Positiva, la rigenerazione del patrimonio esistente e il ciclo di vita dei materiali sono stati esplorati “in un’ottica di economia circolare e riduzione dell’impronta ambientale”. Qui tutto è studiato per sembrare magnifico, mentre alla base c’è sempre la solita mera necessità di snellire gli impianti e i sistemi all’interno degli immobili. Ma chi non ama un po’ di circolarità? Ma andiamo avanti.
La giornata si è chiusa con le startup che, appositamente selezionate, hanno presentato soluzioni innovative, fortunatamente basate su tecnologie digitali e intelligenza artificiale. Ma cosa c’è di nuovo in questo? Strumenti per ottimizzare la progettazione degli arredi e ridurre sprechi. Ma certo, perché mai si dovrebbe avere un approccio più realistico e meno fantasioso? Altri sistemi di illuminazione adattiva, piattaforme B2B SaaS per automatizzare il sourcing e assistenti AI che centralizzano dati per aumentare la produttività. Sì, ottime idee, quindi l’umanità può continuare a fare quello che sa fare meglio: creare confusione tecnologica!
La seconda giornata è stata una gemma, con una riflessione su scala sistemica. Qui, si è messo in discussione il tema della misurazione della sostenibilità, con un focus particolare sulla componente sociale degli ESG, un aspetto che finalmente si sta scoprendo. E chi se ne importa se era “poco esplorata”? La lettura delle metriche e delle strategie per affinare strumenti di valutazione è solo la punta dell’iceberg. Insomma, dopo aver analizzato i modelli collaborativi dell’industria spaziale italiana e le nuove politiche per la transizione ecologica, i partecipanti si sono cimentati nell’evoluzione digitale nella filiera dell’edilizia. Ma va bene, non ci tiriamo indietro!
Come non trascurare l’analisi delle “miniere urbane” e l’integrazione dei cicli produttivi che ha messo in discussione il futuro dell’economia circolare nelle costruzioni? Del resto, è noto a tutti che queste potenzialità sono sempre state a un passo dall’essere scoperte. Abbiamo “identificato dei punti di partenza di un Manifesto che non vuole essere assolutamente uno strumento di marketing”, ha affermato Alessandra Albarelli, Direttrice Generale di Riva del Garda Fierecongressi. Oh, certo, perché chi vorrebbe usare un manifesto per attirare l’attenzione? In effetti, è proprio quello che ci aspettavamo.
Ah sì, i piani per REbuild 2026, l’appuntamento imperdibile per chi ama perdersi in discorsi altisonanti sul mondo del Real Estate. Non c’è niente di meglio che un bel confronto tra la comunità del Real Estate e le istituzioni, per non dire di un abbraccio caloroso con la politica, che di sicuro ha sempre in mente il bene della società. Ma chi lo sa? Forse un giorno il loro amore sarà corrisposto.
Un obiettivo di fondamentale importanza: trovare argomenti chiave per impostare il lavoro della comunità di REbuild. Ezio Micelli, Presidente del Comitato Scientifico di REbuild e Professore all’Università IUAV di Venezia, ci tiene a far capire che si tratta di un impegno interno, ma anche esterno, per generare valore e valori. Che bel concetto, vero? Forse potrebbe anche servire a trasformare i sogni in realtà — chissà.
Il cambiamento del Real Estate italiano è legato a tecnologia, sensibilità ambientale e inclusione sociale; del resto, chi non ama un bel mix di buzzword e ottime intenzioni? Ma aspettate, ci sono quattro pilastri su cui si reggerà questo magnifico Manifesto, concepito per accompagnare il settore verso un futuro luminoso pieno di innovazione e sostenibilità. E chi non vorrebbe tout court un mondo più verde, più giusto e soprattutto, più inclusivo?
Transizioni integrate
Iniziamo con l’inevitabile plurale della transizione. Doveva essere una transizione sola, ma a quanto pare è necessaria una versione multipla. Economica, energetica, sociale — potremmo anche dire demografica, sostenibile, e chi più ne ha più ne metta! Ci sono territori con priorità diverse: alcuni devono pensare all’efficientamento energetico, mentre altri lottano contro lo spopolamento. Certo, perché un’idea di sviluppo non può prescindere dalle peculiarità del luogo, ma siamo sicuri che arriverà mai un’idea che faccia del progresso un valore e non un misero disvalore?
Produttività per l’inclusione abitativa
Ah, il meraviglioso processo di ammodernamento dell’ambiente costruito, un argomento che da solo vale oro. Ma attenti, perché non può più basarsi su frasi fatte, bonus virali e sussidi a pioggia! No, no, qui si parla di produttività, e non solo in funzione di profitti. Dobbiamo democratizzare l’accesso al bene primario, la casa, perché evidentemente non tutti gli italiani possono permettersi il lusso di vivere in un palazzo da mille e una notte. Oh, e che meraviglia sarà quando finalmente troveremo il modo di rendere ‘accessibili’ le case!
IA come leva di cambiamento
Il terzo pilastro? Un tema ‘disruptive’ al solito, con l’intelligenza artificiale sulla graticola. Molti la temono, ma perché non capovolgere il discorso? Magari, giusto per cambiare un po’, l’IA potrebbe snellire la burocrazia che attanaglia il settore come un boa constrictor. Immaginate, stiamo davvero parlando di un futuro dove il già complesso processo decisionale diventa più scorrevole e efficace. Ma i sogni, si sa, sono spesso solo sogni.
Valutazione sociale
Infine, parliamo degli ESG e in particolare della dimensione Sociale, un aspetto su cui, ironia della sorte, si è lavorato ben poco. Ma non preoccupatevi! Il settore del Real Estate avrà l’opportunità di brillare, come un diamante grezzo in cerca della sua spigolosa forma perfetta. Ah, la magia della giustificazione sociale! Chissà quando arriverà il giorno in cui tutto ciò avrà davvero senso…
In un’epoca in cui la *normalità* è diventata un concetto obsoleto, la questione della *misurazione del valore sociale* sembra aver finalmente attirato l’attenzione generale. Sì, perché nulla dice “progresso” come l’adozione di un cruscotto di indicatori per determinare quanto sia bello e ricco un nuovo quartiere, giusto? Sarebbe un peccato non quantificare l’effetto di un nuovo intervento immobiliare, una trasformazione o una fantomatica rigenerazione urbana.
Ora, è certo che abbiamo già misurato *l’efficienza energetica di vari immobili*, quindi, perché non spingerci oltre e considerare anche l’aspetto sociale? Magari inserire nell’equazione una certa “unità di misura” per decidere se investire o meno in determinati progetti. Certo, se non c’è misura, non c’è miglioramento, e questo non è solo un concetto carino da includere nei manuali di autoaiuto: è un mantra! Quindi, naturalmente, è tempo di dire che le regole del gioco devono essere prodotte, sintetizzate e attuate. Perché in fondo, chi non ama un buon labirinto di norme da navigare?
Ovvio che, nonostante la complessità dell’argomento, è necessario conferire *numeri e valori* alle dimensioni sociali. Sono queste stesse dimensioni che, dicono, compongono il grande puzzle delle transizioni e della sostenibilità. Sì, perché in fondo, nel millennio della *digitalizzazione*, il “vincere facile” sembra averti portato in un’avventura dove tutti possono urlare “transizione!” mentre si accaparrano le risorse, giusto?
Le elaborazioni che emergono dai gruppi di lavoro di *REbuild* sono la base di un impegno collettivo che promette un futuro luminoso. Chissà, forse riusciremo a creare nuovi ecosistemi imprenditoriali e scenari economici e sociali — come se avessimo bisogno di un altro modo per complicare la vita già affollata di tutti noi. Ma certo, un documento manifesto redatto da qualcuno che sa di costruzioni, finanza e altri ambiti come se stessi parlando di pianeti diversi, sarà un’opera da tramandare ai posteri.
In principio era il “*Connect minds, enable innovation*”, e ora? Forse dovremmo connetterci anche con la realtà, ma chi ha tempo per queste banalità quando possiamo compilare dati, statistiche e formule che daranno vita a qualcosa che chiameremo “futuro”? Eccoci di nuovo in un ciclo in cui tutto è bello sulla carta, mentre la vita reale ci offre una sua innegabile ironia.