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Sharing per tutti, ma solo se qualcuno finalmente smuove soldi e leggi come si deve

Sharing per tutti, ma solo se qualcuno finalmente smuove soldi e leggi come si deve

In un mondo dove la mobilità autonoma sembra solo un sogno futuristico, l’Italia tenta coraggiosamente di prendere il treno, anche se in ritardo, con un progetto che vuole far parlare di sé più per innovazione che per pragmatismo.

Sergio Matteo Savaresi, al timone del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha lanciato le grandi ambizioni dell’Italia nel campo della guida autonoma durante la presentazione del progetto ‘Sharing for Caring’ a Darfo Boario Terme. Si tratta del ‘Robo-caring’, il primo prototipo tutto tricolore di mobilità autonoma, ovvero una Fiat 500 elettrica pensata per gli anziani e le persone fragili. Un’idea quasi poetica, se non fosse che la realtà è molto più complessa di quanto sembri.

«Abbiamo messo insieme più di una ricerca accademica, siamo già vicini a una sperimentazione reale», dichiara Savaresi, con quel mix di orgoglio e presunzione tipico di chi sa che rischia grosso. Ma, attenzione, questo non basta: serve “un grande salto” industriale e normativo. Tradotto: tantissimi soldi e leggi più permissive, perché l’attuale quadro regolamentare impone la presenza di un safety-driver a bordo, una fastidiosa necessità che frena qualsiasi vero progresso.

Il progetto è sostenuto dalla Fondazione Ico Falck, dal Politecnico di Milano e vede Cisco Italia come partner tecnologico. Ognuno fa la sua parte, ma la vera domanda è: l’Italia e l’Europa riusciranno a trasformare una ricerca accademica così avanzata in un servizio reale? Savaresi lo dice chiaro: «Oggi questa tecnologia ce l’hanno soltanto Cina e Stati Uniti. Noi aspettiamo risorse economiche ingenti e, ovviamente, qualche miracolo normativo.»

Per chiunque fosse convinto che la mobilità autonoma su strada sia dietro l’angolo, ecco la dose di pragmatismo che rompe gli schemi: un vero veicolo senza safety-driver, liberato da regole antiquate, potrebbe arrivare tra almeno due o addirittura quattro anni. Il tempo che serve, sempre secondo la stima di Savaresi, per affinare la tecnologia e convincere chi decide che “è ora di cambiare”.

Quindi, mentre le grandi potenze giocano a monopoli con veicoli pronti per le strade di città sempre più intelligenti, l’Italia si arrangia tra prototipi eleganti, decreti ministeriali e la solita attesa drammatica. No, il futuro non è qui ancora, ma almeno abbiamo una Fiat 500 elettrica che ci ricorda tutti quanti quanto lontano possiamo essere dal prossimo capitolo della mobilità.

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