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Sisal festeggia ottant’anni sottolineando l’importanza della sua rete di punti vendita

Si è svolto oggi, in un luogo che si sottolinea come “suggestivo”, l’evento che Sisal ha dedicato alla propria rete di ricevitori, quasi 36.000 punti vendita sparsi per l’Italia. Un momento “speciale” per riconoscere un ruolo che pare fondamentale nella crescita di un’azienda che agogna, ma si domanda: quanto di tutto questo si traduce in vera innovazione per il consumatore?
L’incontro si colloca nel “programma” di celebrazioni per gli 80 anni dalla fondazione di Sisal, risalente al 1945 in un’Italia reduce da conflitti e traboccante di speranze di rinascita. È curioso vedere come un’impresa che ha vissuto il cambiamento del Paese si presenti oggi come “portatrice di innovazione” quando, nel profondo, rimane avvolta in pratiche tradizionali che non sempre rispondono alle sfide contemporanee. Siamo davvero certi che la digitalizzazione, la sostenibilità e la legalità siano i fari di un’evoluzione che rischia di perdersi tra promesse non mantenute?
I punti vendita come fari di fiducia o illusioni di modernità?
L’evento ha riservato ampio spazio a riflessioni su un retail che sembra più proiettato verso un ideale non sempre realizzabile. Si parla di “esperienza di gioco sicura, moderna e legale”, ma chi è poi deciso a definire cosa significhi davvero “sicuro” in un contesto dove i consumatori sono spesso vittime di pratiche opache? “Celebrare gli 80 anni di Sisal è per noi motivo di grande orgoglio”, ha dichiarato Francesco Durante, Amministratore Delegato di Sisal. Ma dietro le parole di orgoglio c’è il silenzio di chi ha visto l’innovazione trasformarsi in un mantra vuoto.
Dove sono i segni tangibili di un “modello di business sostenibile” e “inclusivo”? In un mercato in cui la competizione si fa sempre più agguerrita, la vera domanda è: come può Sisal continuare a definirsi un “esempio di eccellenza italiana” senza rispondere a queste sfide con azioni concrete e visibili? Ciò che si presenta come un progresso sembra molto più una strategia per restare a galla in mare aperto, dove i consumatori chiedono una navigazione chiara.
E allora, alla luce di queste considerazioni, cosa rimane da fare? Forse è tempo di rivedere non solo le strategie di marketing, ma anche le fondamenta stesse dell’operare commerciale, rivalutando l’effettivo impatto che le attività hanno sulla comunità e sul mercato. Un cambiamento reale, non solo a parole, ma un rivoluzionario ritorno alla responsabilità sociale. Ma, eh già, sognare è sempre più facile che affrontare le verità scomode.