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Spirit Airlines si rifà il trucco in Chapter 11: perché due volte sono meglio di una?

Spirit Airlines si rifà il trucco in Chapter 11: perché due volte sono meglio di una?

La magica avventura della compagnia aerea americana low cost Spirit Airlines continua, stavolta con la sua seconda dichiarazione di fallimento sotto il famigerato «Chapter 11» in meno di sei mesi. Che sorpresa: i cieli statunitensi stanno per diventare un palcoscenico di scivoloni e rilanci, con i concorrenti pronti a invadere il territorio abbandonato da questa eroina dello sbarazzino aereo.

Nonostante tutto, Spirit è tutt’altro che pronta a spegnere i motori. Ha già ottenuto l’approvazione del Tribunale per proseguire le operazioni, promettendo di far volare tutti i suoi passeggeri senza alcun intoppo. Che commovente atto di fede, peccato che gli scettici siano molto più numerosi di chi crede in questa parabola ascendente.

Infatti, è un segnale chiaro che il diretto rivale Frontier Airlines abbia festeggiato con un robusto +15% delle sue azioni in una sola seduta: nel mondo di Spirit, la bancarotta di un concorrente è vista come un’opportunità d’oro per allargare il proprio regno. Attualmente, le due compagnie condividono circa un terzo dei loro mercati di riferimento. La partita è già pregustata e Frontier non ha perso tempo ad assestare la sua rete a basso costo per infilarsi nelle rotte abbandonate di Spirit.

Gli esperti della famosa Deutsche Bank non hanno perso occasione per alzare il rating a “comprare” sulle azioni di Frontier. Certo, chi non vorrebbe puntare su chi si prepara a divorare la torta del vicino in crisi, sperando che i margini restino freschi e succosi? L’analisi è sbrigativa: Frontier assorbirà la domanda e, miracolosamente, manterrà pure i profitti.

Anche la maestosa United Airlines non sta a guardare nella melma di questo spettacolo: annuncia colpi di coda espandendo i propri voli verso quindici città dove Spirit ancora tenta disperatamente di volare. L’idea? Semplice, se il vettore low cost scompare, i passeggeri avranno sempre la fortuna di buttarsi fra le braccia di United. Una vera manna dal cielo, o meglio, un perfetto piano di business per catturare un pubblico lasciato senza appigli.

I guai di Spirit sono diventati quasi comici da quando la compagnia è uscita troppo presto dal primo «Chapter 11», all’inizio di quest’anno. Gli ultimi risultati trimestrali hanno rivelato una perdita spettacolare: quasi 257 milioni di dollari affondati tra metà marzo e fine giugno, mentre in precedenza prometteva un utopico utile di 252 milioni annuali. Un vero e proprio salto nel buio da prestigiatori del bilancio.

Gli esperti del settore non hanno avuto problemi a sottolineare come Spirit abbia brillantemente evitato le decisioni più difficili durante il primo fallimento: niente tagli drastici, niente ridimensionamenti della flotta, e persino la danarosa rinegoziazione dei contratti di leasing è stata archiviata con una bella pacca sulle spalle. Invece, la compagnia si è accontentata di un gioco di prestigio finanziario, trasformando 800 milioni di dollari di debito in azioni: un’operazione che oggi fa sorridere amaro.

Joe Rohlena, il critico di Fitch Ratings, non ha perso l’occasione per un lapidario commento, giudicando Spirit alle prese con una liason col fallimento sempre più probabile, vista la riluttanza a risolvere i problemi strutturali di fondo. Se non si affrontano le sfide vere, i miracoli restano solo belle parole da volantino promozionale.

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