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Tesla fa i conti con un doppio colpo, ma l’eroico esercito dei piccoli investitori continua a spingere il titolo in alto.

Nonostante il crollo in Borsa dopo uno scontro politico da Oscar e un doppio downgrade, Tesla continua a rimanere il dolce sogno proibito per gli investitori retail. Sì, avete capito bene: la scorsa settimana, mentre Elon Musk si vedrà sottratti 36 miliardi di dollari dal suo patrimonio personale e le azioni di quella misteriosa casa di Austin precipitavano di un 15% in appena cinque giorni, i suoi fanatici più devoti correvano a “comprare il ribasso”. Immaginate un fondo ETF che replica il titolo: ha totalizzato afflussi per 651 milioni di dollari, il record settimanale dal suo lancio nel 2022. Per darvi un’idea, questo è più del triplo di quanto registrato in tutto il 2024, un anno in cui il titolo Tesla era balzato oltre il 60%.
Ma non fatevi ingannare: il forte calo degli ultimi tempi ha radici ben più profonde della semplice diatriba tra il CEO di Tesla e il presidente Trump. Già a fine maggio, il mercato stava reagendo negativamente a una valanga di segnali preoccupanti: vendite dimezzate in Europa e Cina, profitti in caduta libera e una quota di mercato europea che è scesa dall’1,3% allo 0,6% su base annuale. A tutto ciò, aggiungete l’assalto da parte della concorrenza cinese, che è abile nel proporre veicoli elettrici a prezzi stracciati, con una rete distributiva sempre più devastante. E per non farci mancare nulla, l’attivismo politico di Musk, con il suo flirt (e poi rottura) con l’amministrazione Trump, ha cominciato a riflettersi negativamente sull’immagine del marchio, specialmente tra i consumatori europei.
Lo scontro con Trump, che è esploso in pubblico il 3 giugno, ha dato il colpo di grazia. Il presidente ha minacciato di tagliare i contratti governativi a tutte le aziende di Musk dopo che quest’ultimo ha avuto l’audacia di demolire la proposta di legge di bilancio e riforma fiscale della Casa Bianca. Risultato? Il 5 giugno, Tesla ha subito un calo del 14% in una sola seduta, cancellando oltre 150 miliardi di dollari di capitalizzazione: il peggior tonfo di sempre nella sua storia. E per chi si stesse chiedendo, il titolo è ora in caduta libera del 41% dai massimi di dicembre.
Nel bel mezzo di questo marasma, Argus Research e Baird hanno deciso di declassare Tesla a giudizio neutrale. Ora, queste due società non sono esattamente le più influenti di Wall Street, ma il loro allineamento parla da solo riguardo al crescente malessere tra gli analisti. Secondo Bloomberg, Tesla è ora la big cap meno amata tra gli esperti: solo il 47% raccomanda l’acquisto, il livello più basso tra le “Magnificent Seven”, da Apple a Nvidia, passando per Amazon e Meta.
Per Argus, «il titolo si muove ormai più per eventi non fondamentali che per la reale performance aziendale». E Baird non è da meno, sottolineando il rischio legato alla figura chiave, ovvero l’imprevedibilità di Musk e le ripercussioni reputazionali del suo attivismo politico. Ma chi se ne frega delle fondamenta, giusto? Resta solo da vedere quanto ancora gli investitori saranno disposti a rimanere aggrappati a questo roller coaster emotivo.