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Torino al buio per dieci ore l’arte di distruggere città in grande stile

Dieci ore di blackout hanno trasformato Torino in un autentico set post-apocalittico, senza effetti speciali né CGI: solo disagio concreto, frustrazione palpabile e autorità che sembrano navigare a vista, esattamente come i cittadini ignari. Mentre in piazza Castello andava in scena il solito concertone autocelebrativo, interi quartieri rimanevano al buio, senza aria condizionata e privi di elettricità. La multiutility pubblica Iren si rimpalla le responsabilità con la maestria di un giocatore di ping-pong, mentre il Sindaco Lo Russo cerca soluzioni che paiono valide solo per trovare l’interruttore generale.
Vanchiglia, Mirafiori, Barriera di Milano, Borgo Vittoria, Centro: non una guida turistica ma un tour del disastro. Le attività commerciali costrette a chiudere, i ristoratori a buttare via merce e incassare perdite, le farmacie bloccate, e i parcheggi sotterranei diventati trappole infernali per veicoli al buio. Nel frattempo, i dirigenti strapagati di Iren si trincerano dietro risposte prefabbricate: “Non è colpa nostra”. Ah, certo. Di chi sarà allora la colpa? Dei vicini di casa Zimbabwe e Zambia, che pure hanno patito lunghi blackout per la siccità? Il classico scaricabarile a livello mondiale, perché a Torino colpa e responsabilità sono concetti così astratti che si perde il conto.
Fratelli d’Italia alza la voce e chiede spiegazioni, come se fossimo in un film comico in cui le risposte sono sempre introvabili. L’amministrazione che ha incrementato la propria partecipazione in Iren oggi si fa la faccia sorpresa, quasi a non capire che i dividendi fanno gola ma il conto lo pagano i cittadini. Il Sindaco Lo Russo ha costruito il suo mandato su un castello di “grandi visioni” e promesse, ma quando serve davvero una visione concreta – tipo evitare che una città intera salti per un sovraccarico – rimane soltanto il buio assoluto e la delusione più nera.
Sotto questo spettacolo indecoroso si cela l’immancabile incapacità cronica di aggiornare le infrastrutture secondo i fabbisogni reali. L’ipocrisia da campagna elettorale che dipinge Torino come la “capitale” di aerospazio, cinema, tennis e cucina si sgretola davanti a quella che è la semplice verità: manca la corrente elettrica. Non metaforicamente, proprio quella fisica, reale. Il blackout è solo il sintomo di un sistema marcio che fa acqua da tutte le parti, senza strategia, senza manutenzione e bollito in prevenzione. Poco sunrise e tanta, tanta nostalgia per il glorioso generatore portatile.
In questo teatrino, Iren si dilegua, il Sindaco Lo Russo sibila qualche parola incomprensibile e Torino continua a illudersi di essere un modello di eccellenza. Come nella fiction “Zero Day”, si fantasticano scenari distopici da Oscar, ma qui non c’è nessun Robert De Niro a risollevare le sorti. Solo una classe dirigente completamente disconnessa dalla realtà. E i cittadini? Sempre più pronti a scattare con azioni legali collettive, perché se la politica non accende la luce, prima o poi qualcuno dovrà pur accendere la denuncia.