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Trump si inventa un pretesto per cacciare Powell perché altrimenti che spettacolo sarebbe?

Trump si inventa un pretesto per cacciare Powell perché altrimenti che spettacolo sarebbe?

Non si sa se sia più comico o drammatico: Donald Trump vuole ancora cacciare Jerome Powell dalla guida della Federal Reserve, come se fosse così facile licenziare il capo della banca centrale americana. La scena si ripete ormai da tempo, con il presidente degli Stati Uniti che si diverte a sminuire pubblicamente Powell, arrivando a chiamarlo addirittura “stupido”. Un involontario capolavoro di disinformazione economica, condito da un’eterna battaglia ideologica.

Il mantra di Trump è semplice e potente: i tassi di interesse vanno abbassati, e subito, anche se i dati sull’inflazione dicono esattamente il contrario. Nel mondo parallelo del tycoon, l’economia statunitense soffrirebbe per colpa di tassi troppo alti e la “cura” sarebbe un taglio di mio dio tre punti percentuali. La sua ricetta, sfoggiata su Truth senza alcuna ombra di ironia, promette un risparmio astronomico di mille miliardi di dollari all’anno, come se tutto fosse una semplice questione di clic e formule magiche.

Certo, l’arte della politica monetaria non si improvvisa su un social network, soprattutto quando il presidente ignora il meccanismo basilare che lega i dazi alle difficoltà economiche. Il vero ostacolo per Powell non sono i suoi capricci, ma proprio le tensioni commerciali scatenate in prima persona da Trump. Le tariffe doganali e le minacce di nuove impongono costi aggiuntivi alle aziende, che naturalmente fanno ricadere le spese sui consumatori. Ecco allora perché l’inflazione, anziché calmarsi, ha addirittura accelerato passando al 2,7% a giugno, un dato inquietante se pensiamo a cosa potrebbe succedere con l’escalation della guerra commerciale.

Se poi si guarda alla faccenda dal punto di vista formale, la situazione diventa ancor più comica: licenziare il presidente della Fed non è come mandare via il proprio capo ufficio con una semplice email. Servono motivazioni giuridiche solide, e così si è pensato di cercare qualche scusa in pasto al grande pubblico. Ecco allora le spese per la ristrutturazione di due edifici della Fed a Washington usate come pretesto per una rimozione “per giusta causa”. Nel frattempo, il prescelto per sostituire Powell sarebbe il segretario al Tesoro, Scott Bessent, che però ammette candidamente di aspettare le dimissioni del suo predecessore, perché diciamolo, la forza qui è proprio la serietà delle procedure.

Un cambio forzato di guida alla Fed rischierebbe di essere un disastro totale per l’immagine di Trump presso il mondo economico e finanziario. Non a caso, la voce autorevole di Jamie Dimon, CEO di JP Morgan e uno dei banchieri più influenti al mondo, suona come un monito inequivocabile: l’indipendenza della banca centrale è sacra, non importa che presidente ci sia. Giocare con questa indipendenza ha sempre conseguenze disastrose, esattamente il contrario di quel che si vorrebbe ottenere.

Insomma, se Trump procederà con questo folle piano, dovrà poi prendere atto dei danni provocati. Ma questo, si sa, non sembra essere mai stata la sua specialità.

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