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Un accordo fragile che potrebbe finalmente risvegliare l’Europa competitiva?

Un accordo fragile che potrebbe finalmente risvegliare l’Europa competitiva?

La “tregua” dei USA sui dazi è, a dir poco, una precarietà voluta. Secondo Carlo Altomonte, esperto di Politica economica europea e accademico alla Bocconi, questa possibilità potrebbe spingere l’UE a un meraviglioso cambiamento, da un modello di crescita tutto esportazioni a un affascinante rilancio di consumi e investimenti. Chi l’avrebbe mai detto? Proprio il nostro Donald Trump, così amabile, potrebbe diventare il principale “sponsor” dell’agenda di Mario Draghi.

Ma Altomonte non si ferma qui e fa notare che “questa presunta tregua non è affatto tale”. Davvero sorprendente! Speriamo solo che i pacchetti regalo per il Natale degli elettori di Trump non rimangano bloccati nei porti. Secondo l’economista, stiamo accordando con il Regno Unito negoziati che, tra l’altro, hanno raggiunto un valore cinque volte superiore rispetto a prima, mentre con la Cina non siamo affatto messi meglio: un meraviglioso 30%, ma, ahimè, solo in moratoria per adesso. “Siamo di fronte a una situazione precaria”, precisa, come se non lo sapessimo già.

Il panorama con l’UE promette di essere “estremamente complesso”. In effetti, che sorpresa! Assegnare al Regno Unito condizioni così favorevoli, senza reciprocità, è decisamente audace. “Non possiamo sederci a un tavolo senza reciprocità”, tuona Altomonte, mentre Trump sta già affilando le sue armi, pronto a colpire l’Unione Europea, a meno che non voglia sembrare il più grande tentennante della storia. Che magnifico gioco di potere!

In effetti, le politiche di Trump potrebbero essere un’opportunità incredibile per la competitività europea, sempre che l’UE decida di non rimanere impantanata nel proprio pantano burocratico. Le tariffe, spiega Altomonte, rappresentano solo un tassello nella gigantesca opera di aggiustamento del deficit americano. A quanto pare, l’altra grande chance per rimediare a questo disastro è la svalutazione del dollaro. Ma perché prendersi questa responsabilità? Semplice: dipenderà esclusivamente dalla capacità di UE e Cina di modificare il proprio modello di crescita. Facile, no?

Se l’Europa non riesce a rimuovere le barriere al commercio interno – che vale un equivalente di dazi superiori al 40% – e non immette risorse nel suo sistema economico, insomma, se non realizza l’Agenda Draghi, beh, allora si troverà costretta a continuare a puntare solo ed esclusivamente sulle esportazioni. Ma, certo, quanto più si va in questa direzione, tanto meno Trump avrà bisogno di svalutare il dollaro. Insomma, Trump è divenuto il miglior sponsor dell’agenda Draghi al mondo. Sorprendente, vero?

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