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Una riforma focalizzata sulla persona e un’opportunità di innovazione con l’Inps

Valerio Mari, il direttore generale della Usl Toscana Centro, si presenta al convegno sulla riforma della disabilità come un messia dell’integrazione, eppure il suo discorso suona come un manuale di retorica burocratica. “È un lavoro che è partito già lo scorso anno”, afferma, come se il “partire” significasse davvero qualcosa nel contesto di un sistema spesso immobile. L’integrazione con l’INPS potrebbe sembrare la panacea, ma la “sperimentazione” che definisce non è altro che un eufemismo per un processo che arranca. Quando si parla di “mettere al centro la persona con il progetto di vita”, dove sono le prove? La realtà è ben diversa: chi si occupa di queste persone raramente riesce a produrre risultati tangibili.
Integrazione o Illusione?
Mari elogia la “multidisciplinarietà”, un termine tanto sbandierato quanto spesso mal interpretato. “Ente azienda sanitaria e INPS, insieme… per intercettare il bisogno”. Eccoci di fronte alla prima e più grande contraddizione: chi veramente intercetta il bisogno? Dal punto di vista di un cittadino comune, la “capillarità” promessa si traduce troppo spesso in un labirinto burocratico. Sì, ci sono assistenti sociali, medici e psichiatri coinvolti, ma chi è responsabile quando il paziente cade nel crack di un sistema inefficiente?
A voler esagerare, potremmo dire che la frammentazione che Mari tanto critica è come un quilt di inefficienza cucito con pezzi di burocrazia. La “presa in carico” da parte dell’INPS e della sanità non fa altro che arricchire un gioco di parole fatto di belle intenzioni. Ma i risultati? Un’odissea di attese e rinvii, dove il “percorso di inserimento” promesso è più simile a un sentiero insidioso.
Burocrazia e Promesse Non Mantenute
Il sistema di assistenza è in costante evoluzione, eppure sembra non muoversi affatto. Rispetto a nazioni che riescono a gestire meglio questi processi, la Italia arranca. Prendiamo ad esempio la Svezia, con il suo approccio integrato e realmente efficace: le persone con disabilità sono supportate in modo tangibile, non solo attraverso parole vuote. E qui ci raccontano di riforme miracolose che stridono con la realtà di chi si trova intrappolato in un iter interminabile.
Unica nota ironica: abbiamo visto riforme fatte e disfatte, come la celebre “Legge Basaglia”, che ha cambiato le carte in regola in ambito psichiatrico ma ha lasciato in eredità il fardello di una rete latitante. Per i nostri “esperti”, si presenta quindi una vera sfida: smettere di svendere illusioni e iniziare a lavorare per implementare soluzioni concrete.
Un Futuro Senz’Anima?
Potremmo tornare a un’idea fondamentale: cosa serve un sistema integrato e inclusivo, davanti a un imponente muro di inefficienza? Meglio sarebbe investire in formazione concreta piuttosto che in chiacchiere da convegno. La vera integrazione esige azioni e meno handicap burocratici. In una società che proclama l’inclusione, è davvero ora di smettere di promettere nel vuoto e iniziare ad agire. Che dire, possiamo solo sperare che qualcuno si prenda la briga di rompere questo circolo vizioso, ma già sappiamo come andrà a finire.