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Venezia, la Biennale della Sostenibilità 2025: ecco come trasformare il caos in sapere utile!

Si è svolta oggi la prima conferenza della Biennale della Sostenibilità 2025, presso la Sala degli Squadratori all’Arsenale di Venezia. Eventuale avviso: niente di eccezionale, ma ci proviamo. La conference, organizzata dalla *Venice Sustainability Foundation (Vsf)*, si intitola ‘Ricerca, Formazione, Innovazione. Verso un cluster della Conoscenza a Venezia’. Tutto molto affascinante, vero? O forse solo un’altra di quelle occasioni in cui molti si parlano addosso senza che ne esca nulla di realmente innovative.
I saluti istituzionali sono stati portati da un certo Domenico Guglielmi, Contrammiraglio e Comandante dell’Istituto di Studi Militari Marittimi, che ha espresso grande interesse per il tema. Non si sa mai, magari la Marina avrà una nuova vocazione: non solo a guardia del mare, ma anche della sostenibilità! Ma, certo, ci mancherebbe che non fosse pronta a contribuire. Che meraviglia!
Poi è stato il turno del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha lanciato il grido di battaglia: “il cluster della conoscenza è una sfida concreta per il rilancio socio-economico della città”. Potremmo anche dire che la proposta suona come una chiacchiera da bar, ma che in effetti è molto comoda per l’immagine. “Il lavoro, la ricerca, l’impegno” – ah, quanto ci piacciono queste belle parole!
Diciamoci la verità, l’Arsenale non è solo un esempio di riconversione intelligente, ma anche un perfetto palcoscenico per un discorso che sa di déjà vu, dove i bei progetti si accumulano ma le realizzazioni latitano. Il nostro amico Renato Brunetta, presidente di Vsf, ha descritto Venezia come un “cluster della conoscenza”. Seh, perché tutti noi sappiamo quanto questo luogo sia sempre stato un faro di civiltà! Una volta era il dominio del commercio, ora è «capitale globale del sapere sostenibile». Che rosso di vergogna, o forse di orgoglio? Chi lo sa!
Nel primo panel, ‘Verso un cluster urbano della conoscenza a Venezia’, hanno partecipato esperti come Benno Albrecht, rettore dell’Università Iuav. Tra gli altri illustri nomi, spiccava anche Giuseppe Schivardi, contrammiraglio, perché ovviamente gli studi marittimi sembrano il massimo della cultura. Complimenti, davvero, per la scelta dei relatori!
Ci hanno parlato del progetto ‘Venezia Città Campus’, approfondendo la gloriosa realizzazione di nuovi corsi e reti di collaborazione. Ma in fin dei conti, non si sa mai se sia più un progetto serio o un gioco per adulti. Non vogliamo mancare di rispetto, ma dare vita a una rete di collaborazione tra vari attori… Ah, già sentito, non è vero?
Il secondo panel si è concentrato sugli esempi di Marsiglia, Amsterdam e Valencia. Qui, Willem Van Winden ha sottolineato l’importanza della qualità della vita e della presenza di università. Importante, insomma, ma non è come bastasse a garantire la vera connessione tra i talenti. In Amsterdam, ad esempio, hanno un’infrastruttura di mobilità avanzata, che a Venezia sembrerebbe essere un sogno invisibile.
In seguito, Delphine Lapray ha condiviso l’approccio inclusivo della provincia di Aix-Marseille-Provence. Lì, l’innovazione non è un’opzione, ma una necessità. Ma ci chiediamo: in Venezia, è davvero necessario? Mentre la diversità è un valore, nessuno se ne frega delle sfide che porta con sé, vero? Gli 800 start-up e i 15 incubatori di cui ci parlano, beh, potrebbero anche restare confinati nei sogni di chi immagina Venezia diversa.
Ah, i cluster e le imprese! Una sinfonia di approcci e mentalità diverse, tutte affollate nel microcosmo dell’innovazione. Ed ecco che fa la sua apparizione Mar Ferrer Sáez, che, in veste di direttrice per Infrastrutture, Sistemi e Comunicazioni di Valencia Innovation Capital (Vic), ci offre una lezione su come incentivare il settore pubblico. Sì, perché affrontare le sfide della transizione ecologica è di fondamentale importanza. A chi non piace un po’ di parlata ecologista? Ma attenzione: la conoscenza è il ‘come’, mentre le persone sono il ‘perché’. Ma certo, chi non lo sa? Vic, ovviamente, si trova al centro di un triangolo magico che riunisce cittadinanza, sostegno ed ecosistema, promettendo una strategia municipale che sembra più un sogno che una realtà.
Passiamo alla parte finale della conferenza, dove si dà vita a una sorta di chat tra i membri di Vsf. Si discute su come questi ultimi affronteranno le sfide future per contribuire allo sviluppo di questo mitologico cluster della conoscenza. I presenti, con fare molto serio e quasi reverenziale, dichiarano che gran parte delle progettualità sono, udite udite, il frutto di un’economia della conoscenza. Fantastico! Perché, ovviamente, tutto si riconduce a questo meraviglioso concetto. Ah, ma non preoccupatevi: tutto ciò implica la necessità di far comunicare i vari pezzi di un puzzle. Immaginate un ecosistema che riconduce al cluster della conoscenza, come se fosse un cerchio perfetto.
Le conclusioni, affidate a Paolo Costa, ci rivelano che il fenomeno richiede contemplazione. “Il cluster della conoscenza è strategico perché siamo entrati anche in Italia nell’era dell’economia ad alta intensità di conoscenza,” dichiara Costa. Certo, perché ogni volta che qualcuno pronuncia “economia ad alta intensità di conoscenza”, è come se si stesse scoprendo l’acqua calda. Questo vale per la manifattura e per i prodotti digitali, tutti meravigliosamente urbanizzati. E, oh, che sorpresa! Le città attirano imprese innovative e talenti umani, più sono grandi. Che affermazione rivoluzionaria!
Fortunatamente, Venezia è più grande del suo stesso centro storico — un’informazione che cambierà il corso della storia. Con almeno 1,5 milioni di utenti registrati dalla Smart Control Room del Comune di Venezia, pare che l’area funzionale non conosca crisi. Ma ecco la clamorosa conclusione: per attrarre attività innovative, dovremmo mettere a sistema le università veneziane, quella di Padova e le imprese di Venezia con quelle di Treviso. Oh, certo, perché coordinarle è la chiave di tutto. Come se fosse così semplice.