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Wirecard scandalo: l’ex ceo latitante si gode Mosca tra identità fasulle e impunità da romanzo

Per molti, Wirecard non è altro che sinonimo di uno dei giganteschi trionfi dell’arte del fallimento finanziario europeo. Una compagnia tedesca di servizi finanziari, fiera di sventolare la sua presenza al DAX, che nel 2020 si è disintegrata come un castello di carte, rivelando che nel suo bilancio mancavano ben 1,9 miliardi di euro. Peccato che quei miliardi non siano mai esistiti, un vero colpo di scena degno di un romanzo giallo da bassa lega.

Da quando lo scandalo è deflagrato, Jan Marsalek, ex amministratore delegato, si è dato alla latitanza. Non per una breve pausa caffè, ma per un’assenza degna di un agente segreto scappato con il bottino. Ecco il colpo di scena: una brillante collaborazione tra i media tedeschi Der Spiegel e Zdf, l’austriaca Der Standard, la tv americana Pbs e la piattaforma russa The Insider avrebbe localizzato il nostro eroe fuggitivo. La fonte? Nulla meno che Mosca, dove vivrebbe sotto una falsa identità.

Non manca una prova a corredare questa telenovela internazionale: una foto scattata nella capitale russa a luglio, stile ricercato dai migliori agenti segreti. Ma non è tutto: basandosi su documenti segreti ottenuti da indagini ufficiali, messaggi di testo intercettati, preziosi informatori e dati perfettamente accessibili online, questi reporter hanno ricostruito passo dopo passo la sua finta sparizione.

È utile ricordare, tanto per non perderci nella trama, che Marsalek è una specie di “aspirante” al ruolo di nemico pubblico numero uno, ricercato dall’Interpol per essere stato la mano destra dell’ingegnere informatico Markus Braun. Diciamo che non ha scelto una via leggermente turbolenta, visto il susseguirsi di eventi.

Il crollo di Wirecard non è un semplice incidente di percorso, ma rappresenta uno dei mostruosi scandali economico-finanziari che la Germania abbia mai potuto vantare. Un qualcosa che ha messo in discussione non solo la reputazione di un colosso, ma anche la capacità delle istituzioni di vigilare su chi, sulla carta, dovrebbe garantire ordine e trasparenza.

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